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Sunday, March 18, 2018

To be with Jesus in His Pasch


5ª Domenica di Quaresima – Anno B
55° Giubileo Sr. Cecilia
Cham, 18 marzo 2018
Ger 31:31-34
Ebr 5:7-9
Gv 12:20-33


Sia lodato Gesù Cristo!

In questa quinta domenica di Quaresima (Nota p.f. già domenica prossima abbiamo le Palme e l’inizio della Settimana Santa!), ci uniamo a Suor Cecilia e alle sue consorelle per dire grazie a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo per questa testimonianza sua di una lunga vita qui sulla terra, consacrata al servizio del Signore e della Sua Santa Chiesa. Il sentimento che predomina è quello della gratitudine (l’unica vera felicità in questo mondo). La nostra gratitudine e quella di Suor Cecilia merita una breve meditazione alla luce delle letture per questa domenica che ci porta più vicino alla Solennità della Risurrezione del Signore e al ritorno dell’Alleluia al nostro canto.

"Signore, vogliamo vedere Gesù".

In fin dei conti per noi battezzati, non v’è desiderio o aspirazione più fondamentale, più profonda che la voglia di vedere Gesù, di conoscere il Salvatore del mondo e metterci sotto il suo giogo dolce e leggero. In questo senso, la secolarizzazione (la contraria alla vita devota e credente) non è altro che il dimenticare Gesù, l’indifferenza verso di Lui, la trascuratezza della nostra vita di comunione di pensiero e sentimenti con Lui, con Maria Sua Madre, con i nostri angeli custodi e santi patroni.

Qualsiasi persona normale e sana ha i suoi sogni, le sue attese nella vita. C’è chi sogna il benessere materiale, c’è chi sogna una certa fama o prestigio nella vita (cioè di godere la stima del grande pubblico). Ci sono le personalità che sognano una vita più privata, una vita in disparte, tranquilla, quasi anonima. È più che normale sognarsi un buon matrimonio con bravi figli, pregando Iddio di conservare tutti quelli che amiamo nella gioia di vita e nella salute, preservandoli soprattutto dal peccato. È una buona cosa per un ragazzo o per un uomo giovane di sognare a diventare sacerdote e, dato che ci stiamo oggi con Suor Cecilia, è veramente una bella cosa di sognare di poter affidarsi totalmente a Cristo come suora, come anima consacrata, come sposa/consorte dell’Agnello immolato in Croce per la nostra salvezza.

"Signore, vogliamo vedere Gesù".

Da bambino o bambina non possiamo sapere esattamente le conseguenze di un tale sogno. Anche se passano 40, 50, o 60 anni di vita consacrata a Dio, restiamo sempre in attesa della possibilità di una nuova profondità, di nuove scoperte nel corso della vocazione vissuta giorno per giorno. Chi sa anche da adulto che cosa potrà significare una tale scelta nella vita, non erogata a se stesso ma individuata nella persona da chi di autorità e cioè confermata dalla Chiesa? Obbedienza alla parola di Dio e alla Sua volontà descrive meglio quello che vogliamo intendere parlando di una vocazione. Si parla così perché non è la persona sola che sceglie ma la Chiesa stessa che chiama al servizio del Signore. L’iniziativa non è la nostra, ma la risposta, la disponibilità, sì! È l’amore di Dio, Dio che ci conosce meglio che noi possiamo conoscere noi stessi, che ci chiama attraverso la Sua Chiesa alla realizzazione più perfetta di noi stessi. Si tratta sì di una scelta libera, fondamentale e definitiva per la durata della vita. Come scelta di unirsi alla Croce di Gesù non può essere un continuo divertimento, come pure nel caso della vocazione a matrimonio e famiglia. Qualsiasi vocazione cristiana implica una misura più o meno grande di sofferenza, ma che non toglie mai la nostra gratitudine e pertanto la gioia, la felicità fondamentale di essere in compagnia con lo Sposo, con Gesù.

Come hanno fatto i discepoli per i Greci nel Vangelo, dobbiamo rispettare questo desiderio, questo sogno anche dei più piccoli e fare tutto per aiutarli a realizzarlo: "Signore, vogliamo vedere Gesù".

Nella seconda lettura oggi agli Ebrei abbiamo letto:
“Proprio per questo nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono…”

Può darsi che noi altri qui presenti che hanno già superato 65 anni di età hanno ricordi di una Quaresima diciamo sofferta ma felice. Come bambini non eravamo obbligati al digiuno come gli adulti, ma abbiamo astenuto dalla carne ogni venerdì e per mercoledì delle ceneri, facendo tutti i nostri piccoli sacrifici, rinunciando a caramelle, cioccolatini e dolciumi con spirito eroico e per il bene dell’anima. La penitenza quaresimale fu ed è tutt’ora una scuola non tanto di sacrificio ma di buona volontà e di desiderio di associarsi con Gesù nelle Sue sofferenze.

“…pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono…”

Hanno merito le nostre sofferenze e sacrifici? In unione con Gesù, senz’altro! Una maggior fonte di tristezza nel nostro mondo oggi è il rifiuto dell’associarsi con Gesù nei Suoi patimenti. Sto leggendo in questi giorni un libro di consigli, specialmente per suore di clausura, della vita contemplativa, scritto nel ‘700. Il titolo del libro parla dell’abbandono alla Divina Provvidenza, presentando il concetto come quello chiave o fondamentale alla vita devota. Anche per la vita attiva dell’apostolato come per quella in famiglia, questo abbandono, questo fidarsi di Dio e della Sua volontà per ciascuno di noi personalmente dovrebbe occuparci più dei nostri piani e progetti.

Per tornare all’immagine dei sogni: le nostre aspirazioni o sogni sorgono dall’intimo di cuore dove incontriamo Dio che è spirito e vita. Possiamo illuderci senz’altro con sogni illusori e egoisti. Con l’aiuto della Chiesa e con docilità verso le persone che ci vogliono veramente bene, però, i nostri sogni possono vivere e prendere sostanza nella nostra vita. Non so se Suor Cecilia ha ricordi dei suoi sogni da ragazzina, ma la realizzazione in una vita consacrata a Dio li supera da lontano. Per i giovani, sarebbe sciocco per me di incoraggiarvi di correre dietro i sogni dell’infanzia o della gioventù. L’oggetto dell’esercizio sia di aprirsi alla volontà divina, di lasciarci condurre dal Dio che ci conosce e che ci invita alla partecipazione al Suo piano per la salvezza del mondo.

Sia lodato Gesù Cristo!


PROPERANTES ADVENTUM DIEI DEI


Sunday, March 11, 2018

Christ's Universal Kingship

- Lord of the World -
- Dawn of All -
Collected Works of Robert Hugh Benson. 
Benson, Robert Hugh. 
Minerva Classics. Kindle Edition. 

Different than his historical novels about reformation times in England and Catholic recusancy, these two futuristic novels written a century ago at the beginning of the 20th Century were not to my liking, but I forced myself through both of them for sheer perplexity as to why "Lord of the World" in particular is so highly touted. Having read both, I am still at a loss. Both books are occupied with the very actual question of Christ's Kingship, but "Lord of the World" in particular seems to be recommended by persons unlikely to share traditionalist concerns for reaffirming the Lordship of Jesus and how that should look. In other words, those today who recommend "Lord of the World" do not seem to share the same fears or convictions which moved Robert Hugh Benson to write the first book and in response to heated criticism to offer "Dawn of All" for no other purpose than to try and imagine a thoroughly Christian society where Christ truly reigns through His Vicar the Pope of Rome.

As science fiction goes, I suppose one could marvel at the development of the dirigible into the "volor", a sort of luxury airliner at low altitude and without cabin pressure, but the fascination with horses and carriages in the second half of the 20th Century tends more to disturb than to enchant.

"Lord of the World" could be an end of the world scenario, with the anti-Christ played by a slick social democrat tyrant who is the spitting image of the last Pope, named Sylvester. "Dawn of All" is the dream of a dying, failed priest, graced with the time in coma to sort out his objections to a Catholic world winning out over a rather brutish and drab form of social democracy. While its denouement is less convincing than that of the Armageddon standoff between the forces of Light and those of Darkness at the end of  "Lord of the World", "Dawn of All" is very much circumscribed by the priest's dream and his full reconciliation with the Church before dying, thanks to God's grace and the fervent prayers of his Catholic nurse.  

I wonder how it would be to attempt novels on the same topics a hundred years later! Needless to say, I am not volunteering if for no other reason than I am no near the writer of a Robert Hugh Benson. It could be that to further reflection on what we mean by the Kingship of Christ really and truly in our world that that is what we need to constructively further the reflection... minus, of course, the volors and the horses and carriages.

When it comes to eliminating my reservations about monarchy as the best form of government and the truest to the task of building up a Christian social order, well, I might need a couple convincing bad dreams to win me over as well.

In any case, I certainly won't stop dreaming about "baptizing" the social order such that Jesus might reign supreme.


PROPERANTES ADVENTUM DIEI DEI


Sunday, March 4, 2018

Strengthened to Fight for Love of Christ


Firmung
3. und 4. März 2018,
Pfarrei St. Jakob, Cham
Eph 3,14-21   
Mk 6,7-13

Gelobt sei Jesus Christus!

„Ich beuge meine Knie vor dem Vater, …dass ihr in eurem Innern durch seinen Geist an Kraft und Stärke zunehmt.“

Vor vielen Jahren habe ich selber die Firmung empfangen. Ich war damals zehn Jahre alt. Damals konzentrierte sich die Vorbereitung in der zur Pfarrei gehörenden Schule auf einen kleinen Katechismus über das Sakrament der Firmung. Das kleine Büchlein enthielt kein einziges Foto, nur ein paar Zeichnungen, zwei Listen (die 10 Gebote und die Gebote der Kirche) und drei Tabellen (2 für die Tugenden und 1 für die Gaben des Heiligen Geistes). Das Büchlein war gestaltet in der Form von Fragen und Antworten, hatte kaum mehr als dreissig Seiten und konnte bequem in der Hosentasche verstaut werden. Wir mussten alles auswendig lernen: Was ist die Firmung? Welches sind die Gaben des Heiligen Geistes, u.s.w.

Ich weiss nicht, ob dieses Ausbildungskonzept den Mädchen damals gefallen hat. Aber wir Knaben waren begeistert, denn der Schwerpunkt lag beim lateinischen Wort robur, Kraft oder Unterstützung. Die Firmung machte aus dem Getauften einen Soldaten Jesu Christi: robur. Man sprach von der Kirche hier auf der Erde als der kämpfenden Kirche und wir Gefirmte waren die Soldaten Jesu im Kampf gegen den Teufel. Ich weiss es nicht, aber vielleicht hat die Idee des Soldaten auch den zehnjährigen Mädchen gefallen.

 „…dass ihr in eurem Innern durch seinen Geist an Kraft und Stärke zunehmt… In der Liebe verwurzelt und auf sie gegründet, sollt ihr zusammen mit allen Heiligen dazu fähig sein, die Länge und Breite, die Höhe und Tiefe zu ermessen und die Liebe Christi zu verstehen, die alle Erkenntnis übersteigt.“

Bei denjenigen, welche die drei Initiationssakramente empfangen hatte, also Taufe, Firmung und Kommunion, sagte man, dass sie im Besitz der Gnade sei, welche notwendig war, um in Treue zum Gesetz Gottes zu leben, die Seele zu retten, Gott zu gefallen und, wenn wir einmal diese Erde verlassen, ins Himmelreich einzutreten. Wir können diese Wirklichkeiten also wie folgt beschreiben: Der einzelne ist ein Soldat Jesu Christi oder auch ein Christ mit allen Rechten. Wenn ich als Bischof, also als Vater, der in Liebe der Kirche vorsteht, euch allen hier, den Firmlingen, den Eltern, dem Pfarrer und den Pfarreiangehörigen in Bezug auf die Notwendigkeit oder gar Pflicht, ganz für Christus zu leben, ein Botschaft übermitteln könnte, so wäre es diese: Wenn es eine Tragödie im Leben der Kirche heute gibt, in unserem Glaubensleben, dann ist es dieses traurige Drama der Gleichgültigkeit von vielen, die sich Katholiken nennen. Nur wenige leben ihren Katholizismus mit Leidenschaft (wer sieht sich heute schon als Soldat an der Seite Jesu in der Schlacht gegen die Sünde?). Langeweile! Traurigkeit! Leere! Es ist wirklich eine Tragik, die nicht nur die Kirche in Europa betrifft oder die Kirche der deutschen Sprache (es spielt da keine Rolle ob in der Schweiz, Deutschland, Österreich, Südtirol oder Lichtenstein). Es ist eine Tragik, welche die Kirche praktisch im ganzen Westen betrifft. Die Firmung von Erwachsenen ist heute viel weiter verbreitet als zu der Zeit, als ich ein Kind war. Dies ist so, weil sich viele junge Menschen nicht mehr zur Firmung anmelden, nicht mehr bereit sind, sich zu engagieren oder gar aus totalem Glaubensmangel. Aus Gleichgültigkeit oder weil in der Familie andere Prioritäten gesetzt werden, welche nicht mir genügend Zeit lassen, um die Firmvorbereitung zu besuchen wird die Firmung weggelassen.

„In der Liebe verwurzelt und auf sie gegründet, sollt ihr zusammen mit allen Heiligen dazu fähig sein, die Länge und Breite, die Höhe und Tiefe zu ermessen und die Liebe Christi zu verstehen, die alle Erkenntnis übersteigt.“

Und wo ist da die Gute Nachricht? Es ist die Geschichte der ewigen Liebe, der wahren und lebendigen Liebe. Es ist die Geschichte der Liebe bis zum Tod am Kreuz, die Jesus für dich und für mich hat, für uns, die er beim Namen gerufen hat und die wir ihm persönlich bekannt sind. Es ist die Geschichte der ewigen Liebe des Vaters. Der Liebe die berührbar und überprüfbar ist im einzigen Sohn, dem wahren Gott und wahren Menschen. Es ist die Geschichte der Liebe, die mich niederknien lässt hier vor dem Allerheiligsten Sakrament, die mich niederknien lässt am Abend zu Hause vor dem Schlafengehen und die mich niederknien lässt am Morgen sofort nach dem Aufstehen. Was ist die Gute Nachrichte? Es ist die Geschichte der ewigen, lebendigen und wahren Liebe, dieser Liebe zu dir und zu mir, die Jesus bezeugt hat bis zum Tod am Kreuz. Was wäre wichtiger, als von dieser Liebe Zeugnis zu geben?

 „Ich beuge meine Knie vor dem Vater, …dass ihr in eurem Innern durch seinen Geist an Kraft und Stärke zunehmt.“

Wenn ich als Bischof, also als Vater, der in Liebe der Kirche vorsteht, euch allen hier, den Firmlingen, den Eltern, dem Pfarrer und den Pfarreiangehörigen in Bezug auf die Notwendigkeit oder gar Pflicht, ganz für Christus zu leben, ein Botschaft übermitteln könnte, so wäre es diese: Wählt das Motiv, das euch entspricht: robur! Soldat!, Christ mit allen Rechten! Aber wählt eine Geschichte der Liebe zum und mit dem Himmlischen Vater! Es ist nie zu spät, die Berufung zum Soldaten Christi zu entdecken: Mit 10 Jahren, 15 oder 25, mit 40 oder gar mit über 65 Jahren. Es ist nie zu früh und nie zu spät, um sich in Jesus Christus in den einzigen wahren und lebendigen Gott zu verlieben.

Gelobt sei Jesus Christus!


PROPERANTES ADVENTUM DIEI DEI